Si chiama Bioplanet ed è una cooperativa fondata nel 1999 a Cesena che opera nel campo della lotta biologica in agricoltura. È nata dalle ceneri della società Biolab, allora in crisi, grazie alla volontà di alcuni dipendenti che decisero di rilevare il ramo dell’azienda secondo un percorso che oggi conosciamo con il nome di workers buyout: “In realtà - racconta il presidente di Bioplanet Marco Mosti -, ai tempi non c’erano i sostegni pubblici e privati che ci sono oggi, ma credevamo nell’attività e ci esponemmo in prima persona”. Fu una scommessa vincente: “Quando abbiamo cominciato eravamo una realtà piccola con una decina di dipendenti - spiega -. Negli anni siamo cresciuti molto e oggi siamo 70 lavoratori e, come gruppo, sviluppiamo un fatturato di 10 milioni di euro tra cooperativa e società commerciali collegate”.
Circa il 50% del fatturato di Bioplanet è realizzato in Italia mentre l’altra metà proviene dall’estero: “In tutta Europa, diversamente da quanto avviene in Italia dove la chimica è ancora molto utilizzata, la lotta biologica in agricoltura è la prima forma di difesa - evidenzia Mosti -. Ogni anno, nella nostra sede di via Maccanone a Cesena, produciamo miliardi di organismi utili per un totale di circa 30 tipologie di insetti, acari e nematodi che poi raccogliamo, confezioniamo e distribuiamo agli agricoltori. La cosa più difficile è organizzare la produzione perché le possibilità di stoccaggio, trattandosi di organismi viventi, sono limitate a pochissimi giorni ed è molto importante incrociare in modo preciso domanda e offerta”.
I clienti di Bioplanet sono gli imprenditori agricoli e solo il 10-15% di questi sono produttori biologici: “Più spesso - spiega il presidente - ci confrontiamo con gruppi di grandi dimensioni che vogliono produrre ortofrutta con residui di pesticidi molto bassi o pari a zero per avere più forza sul mercato e collocarsi su fasce di prezzo e consumo più premianti”.
I prodotti della cooperativa cesenate sono usati soprattutto in orticoltura e florovivaismo, ma anche in pieno campo, frutticoltura e verde ornamentale. “I nostri insetti sono tutti autoctoni e già largamente insediati nel territorio nazionale ed europeo - aggiunge Mosti -. A questo proposito negli ultimi anni, per combattere la cimice asiatica nei nostri campi, abbiamo individuato un parassitoide locale che dalle ricerche effettuate sembra dare buoni risultati”.
Questo predatore autoctono si chiama Anastatus bifasciatus e già quest’anno sono stati lanciati più di mezzo milione di esemplari nelle nostre campagne. Il vantaggio, rispetto alla vespa samurai di cui si è molto parlato, è che trattandosi di un insetto indigeno non ha bisogno di autorizzazioni per la sua diffusione e può essere acquistato e lanciato da subito: “Insieme alle Università di Bologna e Perugia abbiamo portato avanti delle ricerche che sono poi state inserite in una prestigiosa pubblicazione. I dati raccolti - conclude - dimostrano in modo inequivocabile l’efficacia di questo parassitoide”.