Le comunità energetiche sono soggetti giuridici che associano persone o imprese per produrre energia da fonti rinnovabili, con l’obiettivo di farlo in modo virtuoso, ottenendo benefici ambientali, economici e sociali. Una legislazione nazionale di quest’anno ha reso questo tema particolarmente attuale, e anche Confcooperative Romagna ne è promotrice.
“Le comunità energetiche interessano la cooperazione per due motivi - spiega il direttore generale di Confcooperative Romagna Andrea Pazzi -. Il primo è che si parla di comunità, ossia di aggregazioni territoriale, e promuoverle è un nostro preciso compito, come già per le cooperative di comunità. In secondo luogo - prosegue -, vogliamo dare un contributo al paese in termini energetici, e il modello proposto dall’Europa e recepito dall’Italia va in questa direzione”.
Avvicinare il più possibile la produzione di energia al suo consumo genera molteplici vantaggi: si aumenta la capacità produttiva nazionale (poiché una comunità energetica è anche inserita nella rete pubblica), si punta sull’autoconsumo e si incrementa l’indipendenza energetica dall’estero.
Ci sono varie fonti di energia rinnovabile a cui le comunità energetiche possono attingere (eolico, idroelettrico, ecc) ma il fotovoltaico è di gran lunga la più diffusa. I pannelli fotovoltaici possono essere installati ad esempio sui tetti delle abitazioni e sui capannoni dei siti agroindustriali, e l’energia prodotta e consumata dalla comunità energetica beneficia di incentivi da parte dello Stato. “I pannelli hanno una durata ultraventennale - precisa Pazzi -, dopodiché possono essere smantellati e riciclati pressoché in ogni loro parte, per cui non ci sono problemi né ambientali né logistici, anche grazie alla nascita di imprese specializzate in queste operazioni. I pannelli che vengono prodotti oggi, inoltre, hanno capacità produttive pari al doppio di quelli della scorsa generazione, il che significa che per produrre lo stesso quantitativo di energia è sufficiente impiegare la metà della superficie”.
Per tutti questi motivi è bene avviare una riflessione sui territori: “Come Confcooperative Romagna ci rivolgiamo a tutti i soggetti interessati, in particolare comuni montani, quartieri cittadini e parrocchie - annuncia Pazzi -. Siamo a disposizione per incontrarli, dare informazioni in merito ed effettuare le opportune valutazioni sulla fattibilità del progetto e sugli impianti da montare. Insieme ai nostri tecnici specializzati di Power Energia stiamo già seguendo qualche piccolo comune, e anche gruppi di imprese fino ad oggi scollegate che trovandosi in un’area circoscritta hanno deciso di iniziare a collaborare. Dove c’è cooperazione può nascere una comunità energetica, e viceversa”.
La sostenibilità di un progetto di questo tipo va valutata in base all’equilibrio tra produzione e consumo dell’energia, su base oraria: “Se la percentuale si avvicina al 100% allora il vantaggio c’è, e la comunità energetica riceve un contributo dallo Stato in forma di tariffa incentivante, che al momento è prevista a 110 megaWatt/ora”. Ad oggi mancano ancora alcuni decreti attuativi per poter avviare comunità energetiche. “Li stiamo attendendo da giugno - conclude Pazzi - e ci auguriamo che il Governo riesca a perfezionarli al più presto. Anche la Regione Emilia-Romagna ha da pochi mesi una propria legge, tutto fa quindi pensare che entro breve il quadro sia completo ed è bene farsi trovare preparati”.