La cooperativa sociale La Formica si è costituita il 1° marzo del 1996, per volontà di nove giovani, neo diplomati e neo laureati, che operavano nella diocesi di Rimini. “Io ero presente dal primo giorno - ricorda il presidente Pietro Borghini -, quando abbiamo deciso di dare seguito al servizio civile svolto in Caritas. Volevamo creare una realtà che ci permettesse di fare qualcosa per gli ultimi, per i più fragili”.
E così avete fondato una cooperativa di tipo B.
“Sì, la Caritas ci ha sostenuto pagando le spese del notaio e Confcooperative ci ha presentato alla municipale Amia, l’attuale Hera. Nel primo anno abbiamo avviato un servizio di raccolta carta e cartone nel centro storico di Rimini. Eravamo piccini, come una Formica, ma ci siamo inseriti nel territorio, abbiamo fatto squadra, e dal 1999 abbiamo iniziato a crescere davvero”.
Come si è sviluppata questa crescita?
“Diversificando i servizi. Oggi l’igiene ambientale, che resta il nostro business principale, muove un fatturato di circa 6 milioni di euro, serviamo le zone di mare tra Rimini e Riccione, più tutto il centro storico e i parchi urbani. Accanto alla raccolta rifiuti, abbiamo implementato servizi cimiteriali, di segnaletica e manutenzione stradale, di affissione manifesti, in vari comuni tra cui Rimini, Morciano, Santarcangelo”.
Oltre al lato imprenditoriale c’è sempre la dimensione sociale…
“Esatto, la nostra mission prevede di creare lavoro per persone che hanno più difficoltà ad accedere a una professione. Per esempio chi ha una disabilità fisica o psichica, chi ha avuto problemi di dipendenza o chi ha trascorso dei periodi in carcere. Ad oggi il nostro personale è composto al 38% (45 su 150) da persone che vivono una di queste condizioni”.
Sono persone che restano con voi per molto tempo o c’è turn over?
“Dipende. Per qualcuno l’esperienza alla Formica diventa l’occasione per riprendere in mano la propria vita e lasciarsi alle spalle un momento difficile. Queste persone spesso dopo un certo periodo ci salutano, cercano un’esperienza professionale diversa: è un fatto positivo, significa che le abbiamo aiutate a trovare nuove strade. D’altra parte ci sono anche tante persone che decidono di rimanere”.
Cosa le spinge?
“Il sentirsi parte di qualcosa. Alla Formica c’è possibilità di crescere anche a livello professionale: siamo operativi 365 giorni all’anno e c’è bisogno di una organizzazione capillare. C’è chi inizia come operaio e poi diventa coordinatore, c’è chi entra in cda. Crediamo nel modello cooperativo e alla partecipazione di tutti anche in sede decisionale”.
Cosa c’è nel futuro della Formica?
“La solidità, economica e patrimoniale, che deriva da questi 27 anni positivi. E poi la speranza di allargare il bacino delle persone che aiutiamo: oggi accogliamo soprattutto chi può svolgere lavori fisici, un domani ci piacerebbe coinvolgere anche chi vive situazioni più invalidanti. Infine c’è il tema del ricambio generazionale: cerchiamo giovani che, come la vicepresidente Mirca Renzetti, vogliano mettersi in gioco e condividere la visione di fare impresa per il bene comune. Credo sia essenziale non solo per la Formica ma per l’intero movimento cooperativo”.