“La cooperazione sociale italiana è un modello di impresa che non ha eguali in Europa e che in 30 anni di attività ha dimostrato di essere vincente per la promozione di un welfare di comunità. Per questo è importante ricordare la Legge 381/91, che ne ha sancito di fatto la nascita, e l’importanza che figure come Gino Mattarelli hanno avuto per il fiorire di queste imprese”.
Sono le parole di Antonio Buzzi, Vicepresidente Confcooperative Romagna, nell’aprire l’evento “100 anni di Gino Mattarelli e 30 anni di L.381/91” che Confcooperative Romagna ha organizzato venerdì scorso a Forlì nella ex Chiesa di San Giacomo.
Un evento per ricordare due ricorrenze fondamentali per il movimento cooperativo romagnolo e nazionale ma anche per progettare il welfare dei prossimi anni, un welfare che gli esperti intervenuti al convegno immaginano co-progettato e co-programmato insieme alla cooperazione sociale.
Per comprendere l’importanza che la cooperazione sociale assume nel panorama nazionale basta guardare ai numeri di questo fenomeno: “Parliamo di oltre 7 milioni di persone assistite grazie ai servizi socio-sanitari e di 480mila lavoratori impiegati - continua Buzzi -. Di questi lavoratori circa 80mila sono persone svantaggiate o con disabilità”. Per quanto riguarda la Regione e la Romagna, nel dettaglio si parla di 762 imprese (il 30,7% in Romagna) per un totale di 51.116 addetti (il 28,65% in Romagna), che generano un fatturato complessivo di 1.935.155 euro (il 33,5% in Romagna - dati Unioncamere). “Sono dati del 2017 che in questi anni sono cresciuti ancora - sottolinea Buzzi -. A riprova che siamo davanti a un modello di impresa capace di coniugare i bisogni di welfare della società con i bisogni del mercato e del lavoro”.
Il programma dell’evento di questa mattina è stato ricco di spunti. Nella seconda parte, durante la tavola rotonda “Le sfide per le cooperative sociali romagnole” si è cercato di tracciare le priorità sulle quali la cooperazione sociale sta già lavorando e dovrà impegnarsi nel prossimo futuro. “Il lavoro delle cooperative sociali per i prossimi anni dovrà concentrarsi necessariamente su tre fronti - ha affermato Doriana Togni, Presidente Federsolidarietà Ravenna-Rimini -: quello dell’assistenza socio-sanitaria, ancora sotto stato di emergenza a causa del Covid e che deve scontare una forte carenza di figure professionali per garantire tutti i servizi di cui c’è bisogno; il fronte dell’educazione dei più piccoli, dove stanno emergendo le conseguenze generate dagli ultimi due anni di servizi a distanza e congelamento delle relazioni; infine il fronte delle relazioni con la comunità, che devono necessariamente occupare un posto di primo piano per poter dare le giuste risposte ai bisogni. La cooperazione romagnola è in grado di affrontare queste sfide - continua -, soprattutto grazie alla capacità di lavorare insieme, tra cooperative e con gli enti del territorio, che ha dimostrato dall’inizio della pandemia. Dobbiamo fare tesoro di questa peculiarità e valorizzarla per essere ancora un modello vincente per il welfare del Paese”.
Diverse le autorità e gli esponenti presenti all’evento di questa mattina che hanno portato spunti e contributi di riflessione. Tra gli altri anche mons. Vincenzo Paglia, della Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria per la popolazione anziana e Maurizio Gardini, Presidente di Confcooperative Nazionale.